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Cibio - La Fiera del Gusto. Sanremo 5-8 Dicembre 2014

  • sabryrame
  • 9 dic 2014
  • Tempo di lettura: 6 min

Ciao Amiche e Amici, eccomi ancora qui in veste di blogger ( con tanto di pass al collo) per raccontarvi la mia nuova avventura. Con tanto di accompagnatore munito di macchina fotografica (mio marito), venerdì 5 dicembre sono partita per la mia spedizione a Cibio per la prima volta a Sanremo. Tale manifestazione di norma si svolge a Genova, ma per la prima volta si è pensato di crearne una appendice anche nel Ponente ligure. Cibio è il più grande happening dedicata agli alimenti di qualità, prodotti tipici e biologici della Liguria. La versione “madre” si svolgerà anche quest’anno nella incantevole cornice del Porto Antico di Genova dal 13 al 15 febbraio 2015. La location scelta per questo piccolo assaggio di qualità è stato il Palafiori.

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Precisi alle 15 ci siamo presentati ai cancelli di ingresso e ci hanno dato il benvenuto una miriade di Stelle di Natale di tutti i colori pronte per essere vendute. La manifestazione trovava spazio nelle due sale principali del Palafiori. Colori e profumi ci hanno accolto ed è iniziato il nostro giro. Presenti anche stand appartenenti a “Campagna Amica” della Coldiretti, testimonianza della alta qualità dei prodotti in esposizione e vendita.

A farla da padrona tanti espositori del vicino Piemonte. Uno splendido banco di una azienda agricola biologica di Alessandria mi ha attirato subito perché presentava dei prodotti molto particolari che non avevo mai provato: conserve e sottaceti di portulaca, tarassaco e okra o gombo ( della stessa famiglia della pianta del cotone e della malva)……piante comuni ma poco usate nelle cucine. Ho provato la

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portulaca sottaceto…..molto aromatica e saporita, ottima, secondo me, per accompagnare un aperitivo. Proseguendo mi imbatto in un banco il cui colore preponderante era il…..nero!!! Cosa pensate?...ma noooooo…..un banco “profumatissimo”: la liquerizia declinata in tutte le sue forme….pura in blocchi nero pece, in caramelle, in radice ed in polvere. Io non amo particolarmente la liquerizia ma devo dire che questo tripudio mi ha spinto a fare più di un assaggio. Devo dire che il fatto di essere venuti venerdì pomeriggio ci ha agevolato nel nostro giro; non troppa ressa e possibilità di avvicinarsi ai banchi, sostare per parlare con gli espositori e scattare le foto.

A questo proposito….vi devo raccontare il più bell’incontro del pomeriggio. In mezzo a tanti banchi di formaggi e salumi, in fondo alla sala era presente una espositore di riso vercellese. Lo confesso…..non sono una buona conoscitrice di questo cereale… lo utilizzo, ma meno di quanto si dovrebbe. Il responsabile dello stand non era un vero e proprio produttore di riso, ma era un “venditore” che raggruppava sotto la sua ala un gruppo di coltivatori del vercellese.

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Una parlantina spettacolare ed una simpatia innata (a me e Paolo ha ricordato molto il compianto Giorgio Faletti, soprattutto per l’accento), che ci ha rapiti nella spiegazione delle varie tipologie di riso…dall’ integrale al rosso, dal nero al basmati.

Degni di menzione due nomi di importanza internazionale prodotti esclusivamente in Italia. Il primo è il riso Maratelli, la più antica varietà esistente sul territorio italiano, che prende il nome da Mario Maratelli, colui che nel 1914, girando per le sue risaie, notò una pianta di riso diversa dalla varietà coltivata nel campo. Grazie allo studio ed alla sperimentazione il riso Maratelli, nel 1921 venne incluso nel Registro Nazionale delle Varietà. La sua origine si fa risalire ben al 1400. Ne ho acquistato mezzo chilo….non proprio economico, ma mi hanno assicurato un risultato eccezionale. Il secondo è l’Acquerello, un riso carnaroli “extra” prodotto dalla famiglia Rondolino della Tenuta Colombara in provincia di Vercelli. Sebbene il suo processo di invecchiamento sia lungo, è riconosciuto fra le tipologie di riso italiano il più sano e ricco di nutrienti. Mi sono fatta tentare ed ho acquistato anche del riso rosso integrale e del riso integrale normale. Entrambi da cucinare a mo’ di pasta e da condire a piacere.

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Mi è stato consigliato di provare il riso alla carbonara……ssshhhh non ditelo a nessuno….ma sicuramente lo proverò! A malincuore ci siamo allontanati….mancava poco alla nostra prima degustazione guidata del pomeriggio, quella sul parmigiano reggiano.

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Abbiamo quindi preso posto nella sala degustazioni e ci è stato consegnato un piattino con due assaggi di parmigiano: uno invecchiato 24 mesi e uno 36 mesi. Entrambi i prodotti erano accompagnati da altrettante prelibatezze gastronomiche. Quello da 24 mesi era abbinato ad una pera Nashi, varietà asiatica in via di estinzione, ma coltivata con passione dalla azienda agricola Romanisio di Piozzo (Cn). Sapore molto

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particolare, croccante e molto succosa, che perfettamente esaltava il sapore del reggiano 24 mesi. Due gusti delicati e compenetranti. Il 36 mesi invece era abbinato ad una marmellata di zucca. Il sapore pungente del 36 mesi bene si completava con la forza della marmellata molto speziata.

Piccola nota personale, la stagionatura 36 mese imprime al parmigiano un sapore quasi piccante, per palati forti…..io preferisco il 24 mesi. Da sottolineare il fatto che il parmigiano sopra i 24 mesi di stagionatura può essere gradito ed apprezzato anche a soggetti intolleranti al lattosio, in quanto l’invecchiamento permette la “scissione” di questo zucchero in zuccheri più semplici e più facilmente digeribili.

Come non accompagnare una tale prelibatezza con un pregiato nettare piemontese?......un buon Nebbiolo d’Alba dell’Azienda Rossano Sergio.

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Ultimato l’incontro siamo andati a visitare la seconda sala espositiva al piano superiore. Mio marito mi ha fatto fermare all’istante nel momento in cui su un tavolo espositivo ha adocchiato una bottiglia di “Metodo Classico da Arneis”….ossia uno spumante italiano rimasto sui lieviti per 24 mesi, derivato però da un uvaggio tipicamente dedicato alla produzione di vino bianco fermo. Ovviamente lo stand era ornato anche da tutti gli altri prodotti dell’Azienda, vini bianchi, rossi e passiti! Senza troppo pensarci, abbiamo chiesto al Signor Viglione dell’ Azienda Vinicola Viglione Antonio e Figli di farci assaggiare questo prodotto così particolare e per noi assolutamente nuovo.

Sapore molto interessante, retrogusto completamente diverso da un metodo classico prodotto con le uve Chardonnay o con uve Pinot noir. Una parola tira l’altra e si è scoperta una conoscenza in comune…..un nostro carissimo amico di Canale che ha anch’egli una piccola azienda agricola. Dopo un acquisto di due bottiglie di metodo classico, ci siamo salutati con la promessa di salire nel Roero a visitare la sua azienda e magari scattare qualche foto per il loro sito internet.

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Chiudevano gli espositori del secondo piano un produttore toscano di formaggi di capra, alcuni di questi stagionati in grotta ed un macellaio con l’immancabile taglio di fiorentina…cottura perfetta per la bistecca da 1,5 kg, 5 minuti per lato e 3 minuti in verticale, ma questa sarà una storia che vedremo di sviscerare verso la prossima primavera, quando i “serial griller” torneranno a scaldare i loro BBQ.

Torniamo al piano principale dell’esposizione per la seconda degustazione alla quale ci siamo accreditati, ovvero quella dei salumi piemontesi,

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questa volta abbinati a due calici di Barbera, uno fermo ed uno vivace.

La degustazione è stata condotta da Massimo Perrone dell’A.I.C.I. (Associazione Italiana Cuochi Itineranti) ed ha riguardato il Salame della Rosa, un prodotto tipico del Canavese di gran pregio.

Questo è un salame crudo a grana medio grande, insaccato in budello di maiale. È realizzato secondo l’antica ricetta di un vecchio norcino di Alba (chiamato “massacrin” nel dialetto locale): all’impasto viene aggiunto vino Nebbiolo, in cui precedentemente è stato fatto macerare l’aglio, più una concia di sale, spezie (noce moscata, macis, pepe), miele e pochissimo salnitro.

Insaccati nel budello di maiale, di tipo “gentile”, i salami vengono posti ad asciugare in una cella, detta “paiola” per circa 20 giorni, in seguito passa alla cella di stagionatura dove riposa almeno per ulteriori 30 giorni.

Al gusto risulta un salame dolce e morbido, con un vago sentore di vino.

Le due Barbere proposte in abbinamento sono prodotte dall’Azienda Terre D’Eburias. Uvaggio tipico del

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Piemonte che ben sopporta le mutevoli condizioni climatiche tipiche di questa regione. I prodotti sono sicuramente di qualità ma tra i due, secondo il mio modestissimo parere, risulta molto più interessante quella ferma sia per il suo profumo intenso che per la rotondità al palato.

Si era fatta ormai una certa ora e così abbiamo deciso di fare un ‘ultimo giro generale e tappa è stata fatta all’immancabile banco con specialità calabresi: dalla soppressata piccante alla ‘nduia sia morbida e spalmabile che stagionata…..che profumo…e che

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pizzicorino al naso!!! Non sono riuscita ad assaggiare….ma mio marito, patito per il peperoncino, ha gradito ogni assaggio. Un banco di impatto cromatico fantastico…..colore preponderante….ROSSO FUOCO……

Qui si conclude la nostra “incursione” a Cibio; la manifestazione è molto interessante e potrà venire sicuramente ampliata nelle sue edizioni successive. Ci rimangono in mente i profumi ed i sapori incontrati questo pomeriggio e le persone con cui abbiamo chiacchierato che, tra mille difficoltà, mandano avanti le loro Aziende Agricole con tenacia e nella convinzione di perseguire la via dell’eccellenza nel settore agroalimentare.

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Con diversi sacchetti tra le mani, testimoni del nostro bottino, torniamo alla macchina e salutiamo Cibio…alla prossima edizione!



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